“Daniel, 12 anni, è arrivato in Italia con la sua famiglia un anno fa. Frequenta la prima media, è molto bravo in matematica e ogni giorno impara tante parole nuove; a volte la sera ha mal di testa ma non si assenterebbe per nulla al mondo da scuola l’indomani.”

“Marianna, 14 anni, frequenta la terza media, all’età di 10 anni ha una diagnosi di disturbo misto dell’apprendimento (dislessia, disortografia, discalculia). Il prossimo anno frequenterà il liceo di scienze umane perchè un suo grande sogno è insegnare.”

“Marco, 11 anni, frequenta la quinta elementare, da 6 mesi gli hanno diagnosticato un disturbo dell’attenzione – iperattività. Marco non sa bene cosa significhi però segue i consigli del suo maestro e quando sente il bisogno può uscire dalla classe per sgranchirsi le gambe.”

Daniel, Marianna e Marco sono tre ragazzi, tre studenti fra i tanti che rientrano nell’acronimo BES: bisogni educativi speciali (traduzione italiana dell’espressione Special Educational Needs).
I “bisogni educativi speciali” sono espressi da tutti quegli studenti che stanno vivendo una situazione particolare che costituisce un ostacolo nelle loro attività di sviluppo e di apprendimento. Questi ragazzi infatti hanno bisogno di ricevere un’attenzione speciale durante il loro percorso scolastico. Questo svantaggio nel loro percorso di apprendimento può avere molteplici cause: può avere una natura biologica, fisiologica, sociale, ambientale, psicologica, familiare o ancora una combinazione di questi.

Questi ragazzi necessitano di interventi creati ad hoc sui loro punti di forza, sulla loro situazione di difficoltà e sui fattori che la originano e/o mantengono.
La cornice dei bisogni educativi speciali offre alle scuole la possibilità di fornire ai ragazzi un percorso di apprendimento personalizzato basato sulle loro risorse e fragilità; è una cornice flessibile in quanto si può rientrare nell’area dei bisogni educativi speciali per un periodo transitorio o per tutto il percorso di apprendimento. È un’area che è stata creata per superare e ampliare la dicotomia tradizionale: studente con disabilità/senza disabilità, la quale risulta riduttiva, stigmatizzante e del tutto inutile sul piano della progettazione educativa non rispecchiando la realtà delle classi. È possibile rientrare nei bisogni educativi speciali per mezzo di una certificazione, come con una diagnosi di disturbo specifico dell’apprendimento, e anche senza alcun tipo di certificazione ma per problematiche legate, per esempio, a fattori socio-culturali e linguistici come frequentare una scuola in una lingua che non è la propria lingua madre.

 

Come nascono i BES

Uno sguardo allo sviluppo delle leggi

 

I Bisogni Educativi Speciali nascono in maniera formale nel 2012 con la direttiva ministeriale “Strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica“. Successiva alle leggi 104 del 1992 sulle procedure previste per gli alunni con disabilità e 170 del 2010 che si è occupata dei disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico; tutelando il diritto allo studio dei ragazzi con DSA e affidando alla scuola un ruolo attivo e propositivo. Nel marzo 2013 vengono fornite indicazioni operative sugli strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e sull’organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica. In seguito con l’attuazione della legge 107 nel luglio 2015, si sono affrontate delle Norme per la promozione dell’inclusione scolastica. Infine nella nota del MIUR del maggio 2018 si richiama l’attenzione di insegnanti e dirigenti scolastici sull’importanza dell’autonomia scolastica, intesa come la capacità di supportare gli alunni con risorse e opportunità, come caposaldo per il successo formativo di ognuno, indipendentemente dalle etichette.

 

Chi fa parte dei BES?

Di seguito una breve rassegna che possa aiutarci a comprendere meglio questo macro gruppo.

I Disturbi specifici dell’apprendimento sono distinti in tipi «puri», nel caso in cui afferiscano ad una sola categoria, e «misti» quando sono associati ad altri disturbi del neurosviluppo.
Questi sono:

  • Dislessia che riguarda la decodifica del testo scritto, si presenta con una lettura lenta e/o poco accurata. Spesso è compromessa la comprensione di quanto letto.
  • Disortografia che è un disturbo della capacità di codifica e la competenza ortografica nella scrittura.
  • Disgrafia che interessa la componente grafo motoria della scrittura.
  • Discalculia la quale riguarda la capacità di comprendere i numeri e operare con essi nel calcolo.

Deficit nelle aree non verbali definiti da una ridotta intelligenza non verbale associata ad una elevata intelligenza verbale, che consistono in: aprassie e compromessa coordinazione della motricità, le quali possono avere delle ripercussioni anche molto gravi nel processo di apprendimento.
Disturbi specifici del linguaggio come, ad esempio, un basso QI verbale associato ad alta intelligenza nelle altre aree non verbali.
Disturbo dello spettro autistico lieve, con capacità cognitive adeguate.
Deficit dell’attenzione e/o iperattività (ADHD) caratterizzato da: facile distraibilità, può essere associato ad impulsività con problemi di autocontrollo, e ad iperattività motoria come ad esempio difficoltà a rimanere seduti per i tempi richiesti dalle attività scolastiche.
Disabilità certificata dalla legge 104: in questo gruppo sono presenti tutti quegli alunni ai quali è stata diagnosticata una condizione di disabilità grave tale da richiedere la presenza durante le lezioni di un sostegno. Le disabilità possono essere molto varie e riguardano:
L’area cognitiva che include tutti i ragazzi con un ritardo mentale, quindi con un quoziente intellettivo inferiore a 70.
L’area psichica in cui rientrano tutti gli alunni con grosse limitazioni e difficoltà nel funzionamento adattivo e relazionale.
L’area motoria che comprende tutte le gravi compromissioni grosso motorie
L’area sensoriale nella quale rientrano l’incapacità di vedere, di ascoltare o entrambe.
Svantaggio socioeconomico, linguistico e culturale: gli alunni che fanno parte di questo gruppo non hanno una diagnosi certificata in quanto l’area interessata non è organica. In più si può rientrare in questa categoria anche solo in alcuni periodi del percorso di apprendimento e dunque, spesso, non per tutto il ciclo scolastico. Appartengono a questo gruppo tutti i ragazzi con difficoltà che derivano dalla non conoscenza della lingua e della cultura italiana perché appartenenti ad un’altra cultura di riferimento come i ragazzi immigrati nell’ultimo anno scolastico.
È specificato anche che sono inclusi nei BES solo ragazzi che in base ad elementi oggettivi, come segnalazioni dei servizi sociali o valutazioni psicopedagogiche e didattiche manifestano dei bisogni speciali e per un periodo limitato nel tempo. Infatti includere per tutto il periodo scolastico tutti gli alunni adottati o immigrati o che hanno uno svantaggio porterebbe ad una situazione difficilmente gestibile.

 

Strumenti: PDP e PEI

Tutti i ragazzi che fanno parte dei BES hanno diritto ad un piano didattico individualizzato che permetta di avere per iscritto, in maniera condivisa tra scuola famiglia e altre figure che ruotano attorno all’apprendimento degli alunni, un piano relativo allo sviluppo del loro apprendimento. In modo da definire precisamente quali obiettivi avere, materia per materia, o quali strumenti possono essere più efficaci o ancora quali sono i punti di forza e le aree che hanno bisogno di essere rinforzate.

Il documento che guida la didattica degli alunni con un disturbo specifico dell’apprendimento è il PDP ovvero piano didattico personalizzato. Anche i ragazzi con svantaggio socio-culturale, economico, linguistico o con disagio comportamentale/relazionale hanno diritto a un PDP, che viene preparato dal Consiglio di classe con la partecipazione dei genitori dell’alunno ed eventualmente degli esperti necessari a trattare l’eventuale difficoltà dello studente.

Per gli alunni con disabilità si utilizza un altro strumento: il PEI, piano educativo individuale, questo guida tutta la presa in carico del ragazzo; definisce le modalità del sostegno scolastico, i criteri di valutazione, gli obiettivi specifici e tutte le tipologie di interventi di inclusione svolti dal corpo docenti destinati anche allo sviluppo dell’autonomia e della comunicazione dello studente.

 

Un’interessante idea di Didattica Inclusiva

Nel biennio 2013-14 e 2014-15 è avvenuto un percorso sperimentale nelle scuole, primaria e secondaria, della provincia di Trento. Si tratta di una sperimentazione con studenti BES in cui si è utilizzato un modello diverso di organizzazione della didattica e il cui obiettivo era migliorare gli esiti formativi e inclusivi degli studenti.
Gli insegnanti che hanno aderito a questo progetto hanno avuto una formazione aggiuntiva in didattica inclusiva e pedagogia speciale e sono stati accompagnati durante tutto il periodo da tutor specializzati nell’inclusione scolastica. Le modalità maggiormente messe in pratica per l’attuazione di una didattica inclusiva sono state la didattica laboratoriale e il cooperative learning.
I risultati hanno mostrato dei visibili miglioramenti rispetto alle “convinzioni” degli alunni BES nell’approccio allo studio e alla loro consapevolezza sul proprio potenziale cognitivo; un ulteriore miglioramento si è registrato rispetto alla socializzazione, alle capacità di adattamento e di adeguamento alle regole sociali.
(per saperne di più: https://www.fondazioneagnelli.it/wp-content/uploads/2017/08/Convegno_19042016_-_Presentazione_Sperimentazione.pdf)

Le storie di Marianna, Daniel e Marco, la sperimentazione avvenuta nelle scuole della provincia di Trento e la quotidianità nelle classi ci raccontano come sia importante andare oltre le etichette e vedere che ci sono persone, ragazzi, che hanno ognuno un “bisogno” di educazione speciale.

 

Bibliografia

Di Nuovo S. (2018). Alunni speciali bisogni speciali. Bologna: il Mulino

Contenuti a cura di Marilde Mastromatteo, Laboratori Anastasis

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