La legge 170 dichiara che le scuole hanno il compito di capire quali sono i problemi e le difficoltà dei loro alunni, e che l’insegnante deve avere gli strumenti di identificazione e di verifica delle difficoltà per avviare quanto prima i processi di potenziamento.

Il potenziamento nelle prime fasi dell’apprendimento somiglia molto alla didattica, motivo per cui lo possono fare anche gli insegnanti grazie alla loro conoscenza solida della lingua, della fonologia e dell’ortografia, sotto la guida di chi ha già pratica di percorsi di potenziamento.

L’importanza dell’identificazione precoce

In tutti i processi di acquisizione è sempre importante individuare i segnali che indicano quando un bambino non segue le traiettorie evolutive attese: che si tratti di linguaggio, motricità, apprendimento della letto-scrittura, individuare i segni significa dare al bambino la possibilità di avere gli aiuti e le facilitazioni necessari.

Naturalmente, la ricerca prova a individuare i segnali predittivi, quindi prima ancora che si instauri la capacità di lettura, scrittura o calcolo. Per esempio: a 5 anni, non imparare e non saper “recitare” la sequenza dei numeri da 1 a 10 o i giorni della settimana in maniera agile e precoce può indicare la presenza di alcuni ostacoli nei processi di apprendimento. Questo non significa evocare subito la possibile presenza della dislessia, ma è un segnale che ci deve far capire che a questi bambini va riservata più attenzione per aiutarli a crescere.

L’osservazione dei segnali predittivi spesso non avviene perché si giustifica il comportamento del bambino che, per esempio, rifiuta di eseguire una richiesta, dicendo che è timido, ritroso, non ha voglia e non vuole farlo: l’attenzione del docente invece deve focalizzarsi su questi segni per identificarli e capire se queste difficoltà sono reali o davvero solo imputabili a una ritrosia personale.

Il progetto InTempo di Anastasis ha proprio questa funzione: accompagna l’insegnante nell’attività di osservazione e potenziamento, aiutandolo a strutturare un percorso che stimoli i bambini a dare risposte significative: il docente può verificare le difficoltà del bambino e poi dargli degli stimoli adatti, graduati, più vicini alla possibilità di successo, lavorando in piccolo gruppo o in individuale, con strumenti semplici che lo aiutino a strutturare le attività.

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L’importanza del potenziamento

Il potenziamento è un percorso strutturato che parte dall’identificazione precoce. Se si individua un punto di debolezza nello sviluppo del bambino, è importante organizzare esperienze ripetute e graduate in base all’età che consentano al bambino di sperimentare quello che fino a quel momento non è riuscito a fare o che vive come un ostacolo difficile da superare.

Rendere più semplice il compito è fondamentale: un principio dell’apprendimento è che questo deve provocare soddisfazione nel bambino ed è quindi normale che un bambino tenti di evitare un compito che lo mette in difficoltà.

Frequenza e facilitazione dell’attività sono i due perni di qualsiasi azione di potenziamento e il terzo elemento è la stabilità: spesso si tende a cambiare la natura del compito per variare e non fare annoiare il bambino, ma il bambino con più difficoltà nello sviluppo dei processi di apprendimento ha bisogno di ripetere le stesse attività, con una certa frequenza.

Perché la Legge 170 dà alla scuola il compito dell’identificazione precoce e del potenziamento? Perché sono gli insegnanti che stanno a contatto quotidiano con i bambini: prima di invitare a una visita specialista è bene verificare se si è in presenza di una difficoltà transitoria che potrebbe scomparire con le iniziative di potenziamento adeguate.

Solo dopo queste attività si può stabilire come agire: se il bambino non è migliorato o è migliorato in maniera non significativa dopo lo screening è giusto segnalare la necessità di un approfondimento.

La definizione corretta è quindi screening correlazionale e non diagnostico: significa che, eseguendo una prova, ci sono elevate probabilità che il risultato si correli con una situazione, anche di difficoltà.

Le linee guida della Legge 170 raccomandano di non improvvisare gli strumenti di identificazione precoce, che devono essere validati scientificamente e psicometricamente, cioè avere alla base un razionale solido: è importante sapere che gli strumenti esistono e sono a disposizione.

 

Caratteristiche dello screening

Gli strumenti di identificazione precoce validati sono  il distillato di una serie di ricerche che hanno individuato i segni critici e maggiormente sensibili. Uno screening deve essere:

  • Affidabile – Lo screening deve discriminare la situazione di difficoltà da una situazione non critica con una percentuale di affidabilità superiore all’85% (lo screening di InTempo ha una percentuale superiore al 90%)
  • Economico – Deve richiedere poco tempo per l’esecuzione, altrimenti può diventare diventa troppo oneroso in termini di tempo
  • Somministrabile da non specialisti – Anche questo è un indice di onerosità: il test deve essere semplice e a disposizione degli insegnanti senza che questi debbano affrontare una lunga formazione specialistica.

Tuttavia, è importante ricordare che la metodologia è fondamentale e va preservata: per esempio, somministrare una prova nella quale la rapidità di esecuzione è un fattore discriminante e non tenere conto del tempo significa invalidarla.

Intervento di potenziamento di gruppo o individuale?

L’intervento di gruppo non è meno valido di quello individuale, entrambi hanno pro e contro. La ricerca metodologica ci dice che più i bambini sono piccoli, più l’intervento in gruppo è difficile da proporre.

Se nella scuola dell’infanzia non è considerabile, in prima primaria l’intervento di gruppo dipende dalle attività proposte: per esempio, un dettato di parole (non di testo, con il parlato continuo che può mettere in difficoltà alcuni bambini) può essere somministrato ed è un’attività riconoscibile dai bambini come sperimentata e accessibile dopo alcuni mesi di scuola.

Un’altra variabile è la natura del compito: la lettura non può essere somministrata collettivamente, perché bambini devono leggere uno alla volta e chiunque legga dopo il primo ha un vantaggio che trae dall’aver ascoltato il testo prima di doverlo leggere: la necessità di transcodificare, cioè di trasformare il testo in voce, è essenziale per misurare l’efficienza di un processo come la lettura, da cui deriva la necessità di eseguire la prova individuale (lo stesso vale per le prove di calcolo).

Altre prove, per esempio di cancellazione, segmentazione, attenzione, ricerca visiva – prove vicine alla capacità di leggere ma che non sono ancora davvero la capacità di leggere – possono invece essere somministrate in modo collettivo.

La somministrazione individuale ha come contro il fattore tempo: anche la prova più breve come un minuto di lettura, somministrata a venti bambini occupa un certo lasso di tempo oltre al solo momento dedicato alla lettura, ma è il tempo che occorre è giustificato dall’alto grado di affidabilità.

Come affrontare l’uscita dalla classe

Dipende soprattutto da che clima c’è in classe e come lo affronta il docente: per esempio, l’uscita può essere proposta come tempo dedicato a un gioco interessante, evitando dichiarazioni che rimandino a un’idea di graduatoria per stabilire chi è più o meno bravo.
È l’insegnante determina la qualità educativa in classe e quindi l’appeal di tutte le attività proposte.

Ha senso far fare i dettati ai bambini di prima e seconda elementare?

Come già detto, fare un dettato di testo in prima primaria non è una buona soluzione, anche perché le prove non sono confrontabili tra loro, visto che anche la somministrazione (dettatura più veloce o più lenta) può influenzare gli esiti: meglio orientarsi sui dettati di parole.

In più, è necessario rispettare la fase di apprendimento nella quale l’interpretazione della stringa fonologica proposta è molto più facile se si propone la parola e non un enunciato: nel dettato di un testo entrano in gioco variabili importanti e non controllabili come per esempio la memoria di lavoro e l’interpretazione del parlato continuo, per cui è sempre preferibile scegliere il dettato di singole parole.

Le parole del dettato hanno un’altra caratteristica che le rende adatte al periodo scolastico in cui la prova viene somministrata, ovvero sono tutte parole che richiedono la padronanza solo della fase alfabetica e non di quella ortografica: non ci sono doppie o fonemi che devono essere trascritti con più di una lettera ma vige sempre la corrispondenza tra fonema e lettera.

Cosa fare se le famiglie faticano a riconoscere il problema del loro figlio

Il bambino è in classe tutti i giorni per numerose ore: è opportuno chiedersi se non sia il caso di lavorare sulla difficoltà a prescindere dal consenso genitoriale. Ma è opportuno anche sottolineare che l’informazione alla famiglia e la richiesta di coinvolgimento non deve passare come un segnale di disimpegno e delega del problema, perché un bambino che non impara nei tempi previsti è un segnale anche per l’insegnante che lavora con lui e i suoi compagni all’interno della classe.

Naturalmente, l’alleanza scuola-famiglia è fondamentale, ma se così non è l’insegnante deve convogliare la sua attenzione sul problema e occuparsene attivamente, comunicando comunque con la famiglia. I processi educativi non devono essere troppo parcellizzati: famiglia e scuola dovrebbero parlare di più di modelli educativi che non di modelli didattici che sono di pertinenza dei docenti, i quali comunque dovrebbero avere un progetto e un processo educativo che ogni giorno si adatta ai bisogni di tutti i bambini.

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