I regali della DAD

Questo anno ci ha costretti a rivedere molte cose, non ultime la didattica e l’apprendimento, per come li avevamo vissuti fino ad ora…ma non tutto è andato male!

In questo breve articolo ho il piacere di riflettere sui lati positivi, didatticamente parlando, di questo tragico anno che volge al termine. E’, infatti, utile ricordare che oltre ad averci sconvolto la vita, per molti purtroppo anche in maniera drammatica, questo anno ci ha costretti a rivedere molte cose, non ultime la didattica e l’apprendimento, per come li avevamo vissuti fino ad ora. La scuola, inaspettatamente e rapidissimamente, ha dovuto trasformarsi: scuole chiuse e didattica a distanza, da un giorno all’altro! Per molti studenti, insegnanti e genitori questo ha rappresentato un vero trauma, ma analizzando la cosa attentamente, possiamo renderci conto che, in realtà: non tutto è andato male!

Così ho raccolto un po’ di testimonianze, che mi hanno permesso di formulare delle considerazioni, che ho riportato alla XII^ edizione del Convegno Nazionale “DSA e Scuola”, organizzato dal Centro Risorse di Prato il 4 dicembre scorso, e che ho deciso di condividere anche con Voi in questo articolo.

La prima constatazione è tutta mia, anche se mi è stata confermata da diversi studenti: l’anno scolastico 2019/2020 è partito, come tutti i precedenti, con un assunto: nella maggior parte delle scuole, gli unici studenti ad utilizzare le tecnologie digitali per apprendere erano gli studenti con Disturbo Specifico di Apprendimento. E questo, il fatto di essere gli unici ad utilizzare le nuove tecnologie in classe, per molti rappresentava un vero ostacolo, tanto da arrivare a farne rifiutare l’utilizzazione, proprio per non essere etichettati come “diversi”. Poi, a fine febbraio: tutto è cambiato. Le tecnologie didattiche sono diventate indispensabili per tutti, tanto che il non possederle e il non poterle utilizzare è diventato un marcatore negativo a sua volta. Ecco questo mi suggerisce la prima considerazione: è proprio arrivato il momento di non parlare più di “strumenti compensativi” per qualcuno, ma di strumenti per l’apprendimento per tutti.

Le testimonianze

Nella speranza di trovare qualche diamante grezzo tra le tante cose nuove vissute quest’anno, ho intervistato molti studenti con DSA che frequentano i Laboratori Anastasis facendo loro una domanda molto diretta: quali sono per te le cose positive che ha portato la didattica a distanza?
Riporto di seguito le risposte che mi sono arrivate in ordine sparso:

Ho potuto dormire di più (Marco, 12 anni);
Non prendo freddo per andare a scuola (Marta, 14 anni);
I ritmi di lavoro sono più lenti (Filippo, 9 anni);
Le lezioni si possono rivedere (Dario, 15 anni);
Ho più occasioni per interagire, sia con i compagni che con i prof (Elisa, 13 anni);
C’è meno brusio, è più facile ascoltare (Matteo, 8 anni);
Posso utilizzare liberamente i miei materiali e strumenti (Elia, 14 anni);
Posso disegnare o fare altre cose mentre seguo la lezione (Mattia, 16 anni);
Ho imparato a fare le domande (Margherita, 10 anni)
Ogni lavoro è «cooperativo» (Anna, 13 anni)
Il prof impara insieme a noi, e su alcune cose è più in difficoltà di noi (Enzo, 15 anni)
Il computer lo usano tutti (Margherita, 12 anni)
Ho più tempo per sperimentare (Edoardo, 16 anni);
Posso attingere liberamente da più fonti (Matteo, 17 anni);
Ho preparato io alcune lezioni (Riccardo, 15 anni);
Verifiche e interrogazioni ora hanno un senso (Monica, 15 anni);
I miei genitori ora mi capiscono di più (Enza, 14 anni);
Se non capisco, lo posso dire senza timori (Katia, 13 anni);
Ho imparato a cucinare (Filippo, 11 anni);
Ho più tempo per le mie passioni (Matteo, 13 anni).

Ho attribuito le risposte a nomi di fantasia, e sottolineo che diverse di queste affermazioni mi sono state riportate da più studenti.

Un team di colleghi

Le testimonianze ed il confronto con gli studenti mi hanno suggerito ulteriori considerazioni.

La prima è stata la possibilità di ripensare il “sistema classe”, che da una classe di avversari, in competizione per un voto, si è trasformata in un team di colleghi, capaci di collaborare, di confrontarsi, di mettersi in relazione costruttiva, proprio perché non c’era nulla da perdere e perché tutti avevano da combattere nemici comuni: la paura, la solitudine, il distanziamento, ecc. mentre l’apprendimento, il contatto con i compagni, con i professori, erano i salvagenti capaci di ridare senso al momento surreale che si stava vivendo: tutti nella stessa barca, e tutti pronti a dare una mano!

In una fase del genere, finalmente, anche le diversità sono emerse come valore, tutti hanno potuto contribuire, portando le proprie esperienze, le proprie abilità, condividendole. La classe si è trasformata, così, in un laboratorio, dove erano diventati d’obbligo l’apprendimento tra pari e quello esperienziale.

 Tra le frasi che mi vengono in mente in proposito ce n’è una che mi ha colpito particolarmente, quella di Filippo, che mi ha detto: “Le mappe, che faccio da anni, sono diventate patrimonio di tutti, e pian piano, tutti hanno imparato a farle”.

Apprendimento per prove ed errori

La scuola è da sempre un luogo di simulazione, dove le attività che vengono svolte hanno lo scopo di simulare quello che poi dovremo vivere nel nostro quotidiano una volta conclusi gli studi.

Il vantaggio di “apprendere” in un luogo di simulazione è che gli errori non hanno conseguenze negative, anzi: fanno parte del processo di apprendimento.

Nel quotidiano scolastico però questo spesso lo si perde di vista, tanto che gli “errori” vengono puniti, per esempio con dei brutti voti. Ma nei primi mesi di DAD anche questo è sparito: tutti hanno potuto sbagliare e fare tesoro dei propri errori e di quelli degli altri, senza giudizio.
Sbagliare, senza essere puniti per questo, consente di sperimentare, di andare in direzioni nuove, di formulare delle ipotesi. Se non posso sbagliare mi devo limitare a ripetere quanto mi è stato detto.
Per questo mi piace ricordare quello che mi ha detto Riccardo, docente di una scuola secondaria di primo grado: “All’inizio ero spaventato, era tutto nuovo e non sapevo come muovermi con le varie piattaforme, ma con i ragazzi si è subito instaurato un bellissimo rapporto di complicità e le mie paure sono sparite, perché loro mi hanno veramente aiutato”.

Apprendimento alla pari, collaborare, elaborare

Uno dei capisaldi della scuola è: non copiare!
Copiare è sempre stato considerato come imbrogliare. Anche questo divieto grazie alla DAD è svanito: non aveva più senso! Visto che al posto del quaderno tutti gli studenti avevano un computer, dire non copiare sarebbe stato fuori luogo. Con le tecnologie digitali, ogni studente si è trovato a disposizione milioni di fonti, milioni di nozioni, milioni di esperienze fatte da altri, e questo per l’apprendimento si è rivelato un enorme potenziale, da non disperdere e da valorizzare.
Per questo è diventato fondamentale stimolare la copia consapevole e critica, partendo appunto da quello che altri hanno fatto, scoperto, pubblicato, detto, condiviso, reso disponibile e da quello che anche gli altri compagni hanno trovato, scoperto o inventato.
Il termine “copiare”, in realtà, è in stretta relazione con “collaborare”, “prendere ispirazione”, “elaborare e personalizzare” ed è alla base dell’apprendimento alla pari. In altre parole: non ha nulla di negativo! E così Giorgio, 14 anni, mi ha detto: “Ho imparato a chi chiedere e dove cercare, come mai prima mi era capitato”.

Apprendimento significativo

Durante la DAD anche i compiti sono cambiati. I compiti, spesso, erano intesi come una sorta di allenamento: la ripetizione di procedure, finalizzata al consolidamento.
Visto che, con la DAD, sarebbe stato molto facile passarsi i compiti, soprattutto quelli finalizzati all’allenamento di procedure, è stato indispensabile proporre nuove attività, molto più utili a stimolare domande, rielaborazioni, considerazioni, dubbi, interazioni.

Ecco alcuni esempi:

  • Questo argomento quali esercizi ti fa venire in mente? Costruiscine uno.
  •  Quali domande ti devi fare per risolvere questo esercizio?
  •  Chi potrebbe aiutarti a risolvere questo compito e perché?
  •  Quali strumenti puoi utilizzare per risolvere questi esercizi?
  •  Trasforma questo argomento in una mappa, poi raccontamela.
  •  Come spiegheresti questo argomento a un tuo amico? Prova a fare una videolezione.
  •  Prova ad organizzare un’interrogazione al tuo insegnante…

Ecco, tutte queste richieste, non finalizzate ad ottenere un voto, ma utili per confrontarsi, hanno contribuito a favorire un apprendimento significativo. Tanto che Andrea, 15 anni, mi ha confidato: “Ho preparato 3 videolezioni, che sono state viste non solo dalla mia classe… non vedo l’ora di farne altre!”.

La valutazione del processo

La complessità della valutazione è anche dovuta al fatto che per valutare è necessario sapere cosa si valuta esattamente.
Durante un esame o una verifica, si pensa di valutare le abilità e le conoscenze acquisite, ma in realtà si sta allo stesso tempo valutando anche:

  • quanto lo studente sa gestire lo stress;
  • quanto è strategico (sa su cosa puntare…);
  • quanto è ingegnoso (imbroglia senza essere scoperto);
  • la sua fortuna;
  • la sua memoria;
  •  le sue capacità espressive, scritte o orali;
  • quanto tempo ha avuto per prepararsi;
  • quanti aiuti ha avuto (lezioni private, ecc.);
  • se ha gli strumenti e gli spazi che servono;

Tutto questo con la DAD è mutato, soprattutto quando si è saputo che tutti gli studenti sarebbero stati promossi, e che, quindi, la valutazione assumeva un altro significato. Allora la valutazione si è trasformata in un confronto aperto, dove lo studente non deve semplicemente far emergere quanto sa, nascondendo le proprie lacune, ma, anzi, la verifica diventa un’occasione per confrontarsi proprio sulle difficoltà e per risolverle insieme. Così Agnese, 16 anni, mi ha detto: “Ho sempre temuto le verifiche, mi generavano ansia e malessere, ma a distanza ho capito che la verifica non era più un modo per giudicarmi, ma una opportunità per confrontarsi”.

 

Il rientro a scuola in sicurezza: un dono

Per concludere, augurando che il 2021 sia quanto di meglio tutti noi possiamo sperare, vi lascio con un piccolo regalo.
La scuola è riaperta, in sicurezza, e abbiamo imparato a convivere con regole sanitarie da seguire. A queste, però, mi piacerebbe aggiungerne altre, affinché la scuola apra in una sicurezza che non sia solo fisica ma anche emotiva: più impariamo ad accogliere, più saremo accolti.

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Contenuti di Luca Grandi, Centro Ricerche Anastasis

 

 

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