Quando un genitore si rende conto che il proprio figlio/a fa fatica a scuola, la prima cosa da fare è prendersi il tempo per capire cosa succede e rivolgersi a professionisti che possono accompagnare la famiglia nel capire qual è la natura della difficoltà.

Diventa importante non perdere tempo e comprendere il prima possibile cosa sta succedendo per evitare errori di interpretazione del comportamento del bambino: “Non impara perché non si impegna, è pigro”, “Se solo volesse potrebbe stare più attento e imparare di più”.

L’obiettivo è quello di evitare che l’alunno sia costretto a vivere una serie di insuccessi a catena senza che ne possa capire il motivo. Il senso di insuccesso prolungato può generare scarsa autostima e mancanza di fiducia nelle proprie possibilità che possono tradursi in comportamenti di chiusura o evitamento del compito o in manifestazioni di rabbia o aggressività.

Un disturbo dell’apprendimento non si manifesta solo per la presenza di tempi più lunghi per acquisire un’abilità ma si manifesta anche con la presenza di numerosi errori nell’eseguire l’abilità che permangono nonostante la ripetizione attraverso l’esercizio.

Attenzione ai campanelli d’allarme!

I Disturbi Specifici dell’Apprendimento si manifestano molto spesso in modo evidente a partire dall’ingresso della scuola primaria, momento in cui ha inizio l’apprendimento della letto-scrittura; alcuni segnali della presenza di una possibile difficoltà possono essere colti già a partire dalla scuola dell’infanzia; uno dei predittori più efficaci risulta il disturbo del linguaggio, in particolare quando il bambino pronuncia male le parole (aspetto espressivo) dopo i 4 anni. Durante l’ultimo anno della scuola dell’infanzia anche la capacità metafonologica di riuscire a giocare con i suoni delle parole diventa un aspetto indispensabile per l’acquisizione della letto-scrittura.

Prima della fine del 2° anno della scuola primaria non si può diagnosticare un disturbo specifico dell’apprendimento perché la variabilità di apprendimento dei processi di letto-scrittura è molto ampia e si rischierebbe di fare diagnosi non attendibili. Diventa importante cogliere eventuali segnali precoci di difficoltà che potrebbero essere espressione di un futuro disturbo dell’apprendimento, in modo da poter intervenire con percorsi di potenziamento specifici già prima dell’inizio della scuola o già a partire dalla prima primaria con l’obiettivo di ridurre l’impatto di un eventuale disturbo all’inizio della scolarizzazione.

In generale le difficoltà di lettura si manifestano fin dalla prima con difficoltà nel riconoscere le singole lettere, con il confondere le lettere che sono visivamente simili (m-n, a-e, b-d-p-q) o che suonano in modo simile (t-d, f-v, p-b), con difficoltà ad unire le lettere in sillabe oppure con la tendenza ad invertire le sillabe e le lettere. La difficoltà può manifestarsi in un secondo momento mostrando una fatica nel leggere più lettere in modo simultaneo per formare la parola.

All’interno dei campanelli d’allarme oltre alle difficoltà di lettura vanno presi in considerazione anche altri aspetti che riguardano la scrittura e il calcolo.

Per quanto riguarda l’ortografia il bambino nonostante l’esercizio continua a commettere diversi errori come omettere delle lettere o sillabe, scambiare i suoni o aggiungere lettere o sillabe, può commettere errori nell’uso dell’h, nelle doppie o accenti ma anche nei gruppi consonantici più complessi (gn, gl, sc.)

Nell’ambito del calcolo si possono incontrare difficoltà nella scrittura e lettura dei numeri, nel fare confusione fra i simboli matematici, nel memorizzare le tabelline o nel ricordare le procedure del calcolo.

Quali sono le figure a cui posso chiedere aiuto?

Le figure che si occupano della valutazione e del successivo intervento di riabilitazione o potenziamento sono il neuropsichiatra infantile, lo psicologo opportunamente formato nel campo dei DSA, il logopedista e il neuropsicomotricista.

Anche le insegnanti possono essere di aiuto e hanno un ruolo importante nel rilevare le difficoltà e ciò che emerge dall’osservazione in classe ma resta di fondamentale importanza un accertamento diagnostico da parte di personale specializzato.

I genitori possono rivolgersi alle strutture pubbliche con i servizi per l’infanzia oppure a centri privati che sono accreditati e autorizzati a svolgere l’attività diagnostica. Ogni singola regione ha regole differenti per accreditare le strutture o richiedere la conformità della relazione diagnostica.

Cosa fare quando ho ottenuto la diagnosi?

Il professionista deve consegnare alla famiglia la certificazione diagnostica che mette in luce il tipo di disturbo specifico di apprendimento ma è importante che vengano date indicazioni sul profilo funzionale del bambino che permette di comprendere meglio le caratteristiche di apprendimento dello studente, con punti di forza e di debolezza nelle diverse aree indagate e permette di avere una chiara definizione del progetto riabilitativo e di intervento. Devono essere fornite chiare indicazioni didattiche per la scuola e definiti strumenti compensativi e misure dispensative che la scuola deve garantire come indicato dalla Legge 170/10, in modo da consentire la predisposizione del Piano Didattico Personalizzato (PDP).

La famiglia si occuperà di portare alla scuola la relazione redatta dal professionista.

Nella restituzione della relazione è importante che il professionista si prenda il tempo per raccontare ai genitori ma anche al bambino cosa è emerso dalle prove, per iniziare con la famiglia un lavoro di presa di consapevolezza e accettazione di questa neurodiversità che chiamiamo disturbo specifico dell’apprendimento.

Il processo di accettazione della diagnosi è graduale e ogni bambino/ragazzo la può vivere in modo differente, diventa importante lasciare uno spazio di dialogo trasparente sulla tematica DSA per imparare a conoscersi per come si è fatti, con i propri punti di forza e le proprie fragilità.

Quali sono i vantaggi di un approfondimento diagnostico?

Prima di tutto la valutazione diagnostica dà la possibilità di capire meglio alcuni comportamenti messi in atto dai bambini, ad esempio l’evitamento di fronte al compito di lettura.

Riuscire a cogliere e capire il profilo di apprendimento dà la possibilità di individuare le aree di fragilità su cui è possibile lavorare per trovare delle strategie efficaci di apprendimento ma anche l’opportunità di vedere tutte le risorse e i punti di forza dello studente che spesso restano in secondo piano.

Avere una conoscenza di ciò che succede al proprio apprendimento permette alla famiglia e ai ragazzi di diventare più consapevoli del proprio modo di funzionare; diventa molto importante la comunicazione tra famiglia, scuola e professionisti per la condivisione della relazione diagnostica e del progetto di intervento.

Articolo a cura di Giovanna Cialdini, Laboratori Anastasis

 

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