La memoria di lavoro ed il suo coinvolgimento nei Disturbi dell’Apprendimento

 

Cos’è la memoria di lavoro?

La memoria di lavoro è uno dei “sistemi” più studiati e approfonditi, proprio per il suo ruolo, tanto fondamentale quanto a volte invisibile, nella vita di tutti i giorni e soprattutto nell’apprendimento. Possiamo definirla come quella funzione neuropsicologica che permette di conservare temporaneamente le informazioni e allo stesso tempo di elaborarle attivamente e manipolarle, rendendo così possibile un processo attivo e dinamico di acquisizione di nuove conoscenze, di rielaborazione e di integrazione con quelle pregresse.

I primi a parlare di memoria di lavoro sono stati Baddeley e Hitch nel 1974, quando l’hanno definita come una struttura a capacità limitata che può mantenere e in parallelo elaborare le informazioni con compiti cognitivi più complessi per un periodo di tempo circoscritto. Secondo questo modello, rivisitato e completato poi successivamente, la memoria di lavoro è formata da più componenti:

  • Esecutivo Centrale, che gestisce le risorse attentive a disposizione e coordina gli altri sistemi;
  • Ciclo Fonologico, che si occupa del mantenimento e dell’elaborazione di informazioni di natura verbale;
  • Taccuino Visuo-Spaziale, che si occupa di informazioni visuo-spaziali, ad esempio dati legato allo spazio in cui muoversi;
  • Buffer Episodico, che ha un ruolo fondamentale nei collegamenti e nell’integrazione di informazioni di diversa natura e provenienza, rendendo così possibile la costruzione di episodi e/o ricordi complessi e articolati, come quelli che inevitabilmente ci troviamo a vivere nella quotidianità.

Per la prima volta, grazie a Baddeley e Hitch, si definisce la memoria, o almeno una delle sue componenti, non più come un processo passivo e di semplice immagazzinamento di informazioni, ma come un processo attivo, costruttivo e dinamico. Potremmo immaginarla come una sorta di bloc-notes mentale, ovvero tutto quello che ci serve per fare in modo che le informazioni in entrata vengano continuamente rielaborate e integrate tra di loro in base alle motivazioni e al comportamento di ognuno di noi.Da ciò si può chiaramente intuire quanto sia indispensabile la memoria di lavoro nei processi di apprendimento sotto diversi punti di vista: dall’automatizzazione dei processi di lettura e scrittura al calcolo scritto e mentale, dalla comprensione del testo alla rielaborazione/integrazione delle informazioni apprese, dalla risoluzione dei problemi alla pianificazione di un pomeriggio di studio, dalla costruzione di una mappa concettuale all’esposizione orale di un argomento a seconda delle domande del prof.

 

E nei Disturbi dell’Apprendimento?

Facciamo una premessa. Nei Disturbi dell’Apprendimento, oltre alle difficoltà specifiche in lettura, scrittura e/o calcolo, si riscontrano molto spesso dei profili neuropsicologici disomogenei, con discrepanze tra le diverse funzioni cognitive, con cadute e punti di forza. Nella maggior parte dei casi, è proprio la memoria di lavoro ad essere un elemento di fragilità, come anche confermato da numerose ricerche che hanno appunto indagato il rapporto tra memoria di lavoro e DSA. A tal proposito, bisogna precisare che, alla luce delle tante ipotesi e teorie neuropsicologiche, tale rapporto non è ad oggi così chiaro e lineare; infatti, non sempre la memoria di lavoro è deficitaria negli studenti con DSA (magari può esserlo la velocità di elaborazione oppure l’attenzione), così come può capitare che alunni con una memoria di lavoro scarsa non abbiano un Disturbo dell’Apprendimento.
In ogni caso, le evidenze scientifiche e le esperienze di tanti studenti, insegnanti e tutor confermano che il deficit nella memoria di lavoro potrebbe contribuire alla caduta negli apprendimenti negli studenti con Disturbi dell’Apprendimento in diversi modi:

  • Scarsa automatizzazione dei processi di lettura e scrittura. Leggere e scrivere sono processi che richiedono il mantenimento di informazioni (grafemi e fonemi) nel magazzino della memoria di lavoro e poi la rielaborazione degli stessi attraverso fusione, segmentazione e raggruppamento. Inevitabilmente, una memoria di lavoro fragile potrebbe fare in modo che gli studenti con DSA facciano più fatica, proprio per il più veloce sovraccarico della memoria di lavoro e per la conseguente scarsa automatizzazione. Per comprendere meglio come funziona il cervello di un dislessico, bisogna immaginare che ogni suono venga decifrato e ogni parola venga letta per la prima volta con uno sforzo significativo nell’integrazione dei singoli elementi.
  • Lentezza procedurale. Una caratteristica distintiva dei Disturbi dell’Apprendimento è proprio il maggiore tempo impiegato per i processi di lettura, scrittura e calcolo. A ciò inevitabilmente contribuisce il sovraccarico della fragile memoria di lavoro, che necessiterebbe appunto di più tempo e più energie mentali per rielaborare ed integrare le informazioni visive, spaziali e uditive necessarie per gli apprendimenti. Ad esempio, per un bambino discalculico il calcolo a mente potrebbe essere lento proprio per lo sforzo significativo a cui è sottoposta la memoria di lavoro, dal momento che ha la necessità di tenere a mente alcune informazioni, recuperare delle sequenze e dei fatti numerici, effettuare delle operazioni, tutto parallelamente.
  • Difficoltà nella memoria. La memoria di lavoro è un sistema di immagazzinamento temporaneo e a breve termine, ma allo stesso tempo indispensabile per il passaggio alla memoria a lungo termine; infatti è proprio la manipolazione e riorganizzazione delle informazioni nella memoria di lavoro che consente una memorizzazione più efficace e duratura, a differenza di quanto avviene attraverso la semplice ripetizione di informazioni. Di conseguenza, proprio per le fragilità della memoria di lavoro, per gli studenti con un Disturbo dell’Apprendimento memorizzare dei contenuti (soprattutto se complessi, nuovi e poco chiari) risulterebbe particolarmente impegnativo.
  • Poca concentrazione. Spesso i ragazzi con Disturbi dell’Apprendimento sperimentano un’elevata affaticabilità nello studio sia a casa che a scuola; di fatto la loro memoria di lavoro tenderebbe a sovraccaricarsi più facilmente, portando così ad esaurire prima le risorse attentive e la concentrazione su compiti complessi e a distrarsi.
  • Scarsa pianificazione e organizzazione nello studio. Tali abilità, cruciali per un metodo di studio efficace, pongono le loro basi proprio sulla memoria di lavoro, dal momento che per programmare un pomeriggio di studio, per organizzare i materiali e per adattare le proprie strategie al compito sono indispensabili la flessibilità e l’attivazione parallela di più funzioni cognitive, come soltanto una buona memoria di lavoro può fare. Pertanto, negli studenti con DSA potrebbe risultare difficile e poco immediata questa attività di pianificazione e organizzazione dello studio.

È molto più chiaro adesso quanto la memoria di lavoro possa essere un utile alleato nello studio e nell’apprendimento e quanto, allo stesso tempo, possa essere un limite per chi ha un profilo neuropsicologico con una memoria di lavoro carente oppure un Disturbo dell’Apprendimento.
Vediamo cosa tenere a mente per far sì che tale limite possa essere gestito e ridimensionato.

 

Qualche suggerimento per potenziare la memoria di lavoro…

Di fronte alle difficoltà nella memoria di lavoro e nelle ricadute nello studio, è compito di insegnanti, genitori e tutor dell’apprendimento aiutare gli studenti prima di tutto a comprendere il proprio funzionamento neuropsicologico, condividendo tali informazioni in modo che siano per loro chiare e comprensibili. Conoscere il proprio modo di apprendere è infatti il primo step per stimolare la motivazione e la metacognizione. In questo modo gli alunni di tutte le età possono fare tesoro dei propri punti di forza e supportare le proprie fragilità, assumendo così un ruolo attivo e propositivo nell’apprendimento.

In secondo luogo, è fondamentale aiutarli a trovare le strategie e gli strumenti più adatti per evitare che le fragilità della memoria di lavoro interferiscano con lo studio. Proviamo a sperimentare con i nostri ragazzi diversi modi di apprendere con l’obiettivo di ridurre il sovraccarico cognitivo sperimentato spesso dagli studenti con Disturbi dell’Apprendimento. Ad esempio, utilizzare la sintesi vocale o gli audiolibri, costruire mappe e schemi, scrivere al computer invece che a mano sono tutte strategie che permettono di focalizzare le proprie energie mentali sull’attività principale e non in altre secondarie, che possono piuttosto generare un sovraccarico della memoria di lavoro. In questo modo, gli studenti con Disturbi dell’Apprendimento possono concentrarsi nella comprensione invece che nella lettura, nella rielaborazione di contenuti invece che in un passivo sforzo mnemonico, nella generazione di idee in un testo invece che nel tratto grafo-motorio e così via. In parallelo, è altrettanto utile creare occasioni di gioco e di apprendimento per allenarsi, soprattutto per gli studenti più piccoli: adattando il livello di difficoltà alle caratteristiche di ogni bambino, del gruppo o della classe, si può stimolare la memoria di lavoro con attività strutturate per tutti i canali sensoriali e con giochi come quiz, Memory oppure Indovina Chi, magari riadattati ai contenuti didattici. È così che gli studenti possono mantenere allenata, flessibile e pronta questa importante funzione cognitiva, oltre che scoprire con la pratica e con il gioco le strategie più adatte per il proprio modo di apprendere.

Infine, è sempre importante tenere in considerazione l’impatto delle emozioni, del senso di autoefficacia e dell’autostima nello studio e nel benessere scolastico degli studenti: teniamolo a mente nel costruire esperienze di apprendimento stimolanti, non frustranti e adatte alle risorse e alle eventuali cadute nella memoria di lavoro.

Ognuno ha il proprio block-notes mentale e imparare ad utilizzarlo nel migliore dei modi con consapevolezza e senso di autoefficacia è possibile e soprattutto indispensabile!

 

 

Riferimenti bibliografici:

Baddeley, A. D. (2000), The episodic buffer: a new component of working memory?. Trends in Cognitive Science, 4 (11): 417-423;
Baddeley, A. D., Hitch, G. (1974), Working memory. In Bower, G. H., Recent avances in learning and motivation. Academic Press (New York);
Cardillo, R., Mammarella, I., Caviola, S. (2019), La memoria di lavoro nei disturbi del neuro sviluppo. Dalle evidenze scientifiche alle applicazioni cliniche ed educative. Franco Angeli (Milano);
Cornoldi, C., Meneghetti, C., Moè, A., Zamperlin, C. (2018), Processi cognitivi, motivazione e apprendimento. Il Mulino (Bologna).

 

Articolo a cura di: 

Nellia Arciuolo – Laboratori Anastasis

 

 

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