Il passaggio da un ordine scolastico ad un altro rappresenta, per tutti gli studenti, un momento particolarmente impegnativo, carico di aspettative, di desideri, ma anche di grandi punti interrogativi. C’è chi magari spera di ricominciare daccapo, se nella scuola precedente non si è sentito abbastanza compreso o accolto, mentre c’è chi teme che tutto ciò che ha costruito nella scuola precedente possa perdersi una volta che incontra nuovi professori, nuovi compagni e dove può succedere che anche la sua organizzazione settimanale debba subire una necessaria ripianificazione.
Inoltre, coloro i quali hanno iniziato a frequentare la scuola secondaria di secondo grado nel settembre 2023, sono gli stessi alunni che hanno vissuto la precedente transizione scolastica nel periodo di emergenza dovuto alla pandemia di Covid-19. Questi studenti, pertanto, hanno concluso la scuola Primaria durante il lockdown, per poi iniziare la scuola secondaria di primo grado tra mascherine, DAD e periodi di isolamento… Possiamo dire che questi ragazzi, ora, per la prima volta, stanno vivendo pienamente il passaggio da una scuola all’altra. E ciò può costituire un motivo di grande curiosità, di entusiasmo ma, allo stesso tempo, potrebbe nascere anche maggior timore nei confronti di questo cambiamento.

 

Transizione scolastica e studenti con DSA

Pur senza disconoscere l’unicità che caratterizza ogni studente, è riconosciuto quanto la presenza di un disturbo specifico dell’apprendimento o, più in generale, di un bisogno educativo speciale, possa rendere ancora più complesso questo passaggio scolastico. Al di là dei fattori squisitamente legati all’apprendimento, la letteratura ha ampiamente dimostrato come questi studenti spesso mostrino livelli di autostima più bassi dei coetanei (Daniel, 2006), credenze disfunzionali rispetto alle loro capacità, o a quello che serve per avere successo a scuola (Beilock et al; 2014). Più frequentemente rispetto ai pari, essi mostrano vissuti di impotenza appresa, per cui appaiono come bloccati, impossibilitati di un qualsiasi cambiamento a loro favore e, allo stesso tempo, manifestano livelli di motivazione nello studio particolarmente precari, tali da non mettere in atto un adeguato comportamento di studio (Cornoldi, 1995).
Da tutto questo può quindi risultare evidente quanto sia importante accompagnare gli studenti con DSA in questo delicato passaggio scolastico che, seppur naturale, necessita comunque della giusta attenzione.

 

L’esperienza dei Laboratori Anastasis

Per rispondere a queste esigenze nel corso dell’estate appena conclusa, all’interno del Centro di Apprendimento Anastasis, sono stati condotti dei percorsi individuali rivolti agli studenti con DSA che a settembre avrebbero vissuto il passaggio alla scuola secondaria di secondo grado. Questi stessi studenti avevano frequentato, in corso d’anno, i nostri Doposcuola Specialistici per lavorare in modo approfondito sul metodo di studio.
Nel corso dell’estate sono quindi stati proposti 8 incontri in cui si ha avuto modo di riflettere sulle tematiche inerenti la transizione scolastica da un punto di vista nuovo, non focalizzato esclusivamente su strategie di studio o strumenti compensativi. L’obiettivo, infatti, era quello di considerare lo studente nella sua interezza, come ragazzo/a che nutre desideri rispetto alla nuova scuola, ma allo stesso tempo nutre anche dei timori. Si è inoltre considerato lo studente come ragazzo che ha piacere di mantenere impegni extrascolastici pur senza far venire meno il tempo allo studio, e come adolescente che ha domande rispetto al suo profilo di apprendimento, ma anche rispetto a chi vorrebbe diventare da grande anche grazie al percorso di studi intrapreso e che necessita di percepirsi, sempre più, come l’ideatore e il responsabile delle sue iniziative. Nella nostra esperienza vediamo, infatti, che chi presenta un disturbo dell’apprendimento è spesso maggiormente seguito da genitori o altri adulti nello svolgimento dei compiti, nell’organizzazione dello studio, ma tutto questo con l’avanzare dell’adolescenza diventa inconciliabile, proprio in virtù del compito evolutivo dell’adolescente che è quello di sperimentare sempre una maggiore autonomia rispetto alle figure di accudimento (Santrock, 2007).
Proprio per questo motivo, è risultato quindi importante riflettere insieme allo studente per fare in modo che quell’autonomia da lui tanto ricercata e desiderata, potesse essere effettivamente possibile, e non diventasse, invece, un maldestro tentativo di cavarsela da solo, senza aver prima fatto i conti con le diverse variabili a cui avrebbe dovuto prestare attenzione.
Di seguito vengono ora presentati alcuni dei punti principali trattati all’interno del percorso e saremo guidati dalle parole di due partecipanti al progetto: Samuele ed Enrico (nomi di fantasia).

 

Le risorse della dislessia

Un tema trattato nei primi incontri è stato quello del profilo neuropsicologico dello studente. Per prima cosa è stato interessante notare come, a distanza di anni dall’arrivo della diagnosi, ora i ragazzi stessi fossero, da un lato, curiosi di capire di più come funziona la loro mente e, dall’altro, più propensi a domandare per conoscere le loro caratteristiche. Enrico con insistenza chiedeva: “Ma mi spieghi bene da dove viene la dislessia? Ma è ereditaria? Perché io comunque mi sento intelligente, ma lo sono per davvero?”. Samuele, invece, faticava a descrivere i suoi punti di caduta in quanto, avendo appreso ottime strategie compensative, non considera più la lettura un ostacolo insormontabile come un tempo, e accorgersi di questa differenza è stato per lui un motivo di grande soddisfazione.
Ogni ragazzo ha quindi avuto modo di riflettere sulle risorse che può mettere in campo nei confronti dell’apprendimento, così da poter utilizzare questi punti di forza per compensare le cadute. “Se leggo con gli occhi mi stanco troppo, perdo la voglia, ma se sto attento in classe e se uso la sintesi vocale a casa, capisco bene e sto nei tempi”. “Nella scrittura faccio molti errori di vario genere, ma sono comunque un ragazzo brillante, che sa fare dei buoni ragionamenti. Anzi, a volte, il modo di pensare dei miei compagni mi sembra scontato, io invece mi sento più fantasioso di loro”.

 

I compagni di classe: un possibile strumento compensativo

La tematica dei compagni di classe rappresenta, non di rado, un argomento piuttosto complesso e talvolta anche doloroso. Frequenti sono gli episodi in cui i nostri ragazzi al doposcuola raccontano di essere stati presi in giro per via delle mappe, delle verifiche semplificate… E, conseguentemente a ciò, il rischio è che poi essi disinvestano nelle relazioni con i compagni o che, di fronte all’ingresso nella nuova scuola, restino eccessivamente in disparte e non provino nemmeno a conoscere gli altri e a farsi conoscere. Ma cosa succederebbe in termini di investimento personale se, invece, i compagni di classe fossero considerati una sorta di strumento compensativo? Potrebbero infatti aiutare quando si rimane indietro negli appunti, rincuorare prima di un’interrogazione. E al tempo stesso non dimentichiamoci che la scuola è comunque complessa per tutti, quindi interagire positivamente con i compagni può anche permettere ai ragazzi con DSA di avere modo di provare la sensazione di essere coloro i quali, talvolta, possono contraccambiare l’aiuto ricevuto e sentirsi grandemente valorizzati da questa esperienza… Modificare quindi la prospettiva nei confronti dei compagni, soprattutto se nuovi e ancora sconosciuti, va a sostenere la possibilità di dare una chance a queste facce nuove con cui si condivideranno i prossimi cinque anni, e sprona a ricercare occasioni per conoscersi meglio e trovare interessi comuni. Forti di questa nuova prospettiva si può creare maggior predisposizione per creare un clima collaborativo anche da parte dello studente con una difficoltà di apprendimento che, magari, tenta di accantonare, almeno in parte, i suoi preconcetti verso chi non è DSA. “Quindi mi stai dicendo che io posso fare qualcosa per farmi conoscere per quello che sono al di là delle mie mappe e del PDP? Non è che io sembrerò antipatico ai nuovi compagni perché posso portare le mappe?”. Questo è quanto chiesto da Samuele a fine dell’incontro.

 

Timori legati alla nuova scuola

Ampio spazio è stato dedicato alle preoccupazioni dei ragazzi a riguardo della scuola di secondo grado. Da frasi generiche e poco esplicative come “Mi preoccupa tutto”, “La nuova scuola mi spaventa”, siamo scesi nei dettagli per capire con esattezza che cosa scatenava i vari timori. “Ho paura di non essere simpatico ai professori, di non riuscire ad ambientarmi nella nuova scuola”. “Ho paura di non avere più il tempo da dedicare ad attività che mi piacciono”. Domande importanti che rispecchiano la persona che se le sta ponendo, che non è semplicemente uno studente con difficoltà di apprendimento, ma è un ragazzo che ha delle passioni che vuole mantenere, è un adolescente che ha un mondo che va oltre e non si esaurisce con la scuola. I ragazzi, così, hanno riflettuto sul fatto che questi interrogativi sono simili anche a quelli che si pongono i loro amici, o i loro futuri compagni di classe, con o senza DSA.
Ognuno di questi pensieri è stato guardato e per ognuno di essi si è ragionato su una possibile soluzione o una riflessione da tenere a mente per fronteggiarlo al meglio e vincere lo scoraggiamento: “E se mi sono sbagliato completamente e ho scelto un percorso che poi non fa per me? (…) Beh ora posso stare tranquillo perché ho fatto una scelta consapevole, pensata. Poi se mi accorgerò di aver sbagliato ci penserò in quel momento”.

 

Sapersi organizzare per fare il possibile e al meglio che si può

Non si poteva poi tralasciare il tema dell’organizzazione, in quanto molto spesso la secondaria di secondo grado obbliga a cambiamenti rilevanti delle abitudini, soprattutto se ci si sposta verso la città o un altro comune. Sembra banale, ma cambiare l’orario della sveglia, impiegare molto tempo per andare a scuola e tornare a casa, attenersi ad un orario scolastico spalmato su sei giorni e non più su cinque…costituiscono tutti cambiamenti che non si possono sottovalutare. Questo vale ancora di più se si tratta di studenti con difficoltà di apprendimento che, proprio in virtù di questa caratteristica, frequentemente manifestano criticità nella pianificazione e nell’organizzazione, anche in adolescenza. Si è parlato quindi di impegni sportivi, di uscite con gli amici, di passioni extrascolastiche sottolineando il valore che queste hanno e, allo stesso tempo, si è guardato alla settimana per capire concretamente come “incastrare” i vari impegni, per dedicare anche il giusto tempo allo studio. Ne è nata, dunque, una forte riflessione metacognitiva che ha toccato diverse tematiche: di quante ore di sonno necessito per essere concentrato il giorno dopo, quando fare le pause dai compiti e di che durata, in quali giorni devo mettermi avanti nello studio se poi ho piacere di allenarmi 3 volte a settimana a tennis… “Se la domenica voglio vedere i miei amici, durante la settimana devo iniziare i compiti entro una certa ora e stare attento a quanto faccio durare le pause!”

 

Ripensare a quanta strada è stata fatta

Verso la conclusione del percorso, si è poi invitato i ragazzi a raccontare e poi scrivere, da protagonisti, i punti salienti della loro storia scolastica. Ripensare alle fatiche iniziali, a quando hanno ricevuto la diagnosi di DSA e a cosa hanno pensato… Guardare al tempo stesso cosa sono riusciti a costruire fino ad ora e cosa si augurano per il loro futuro… Questo ha permesso loro di dare senso al percorso svolto fino qui, ora visto, forse per la prima volta, con interezza. Inoltre ciò ha permesso anche di toccare con mano come, nonostante tutte le angosce e le difficoltà, gli ostacoli che un tempo sembravano insormontabili sono stati, a poco a poco, scalati. Al tempo stesso, riguardare al passato ha permesso di ricordare momenti, pensieri, persone, che hanno lasciato positivamente un segno soprattutto quando la salita è stata particolarmente scoscesa, così da tenerli stretti nella mente e, al bisogno, rifarsi a loro per riuscire a perseverare anche nella nuova avventura.

 

In conclusione

Per concludere lasciamo la parola ad uno dei protagonisti di questo percorso. Il suo racconto, infatti, racchiude il senso di quanto svolto.

“Ciao sono Samuele. Non ricordo bene cosa ho provato quando mi hanno parlato di dislessia, però sono sicuro di essere stato un po’ triste, ma anche incuriosito. Mi sono chiesto: “Cos’è?” A volte mi sentivo un po’ preoccupato. Oggi però non lo sono più perché ho capito che posso essere allo stesso livello degli altri.
Adesso che sto per iniziare le Superiori sono un po’ preoccupato (…) ma penso che se anche non fossi DSA sarei preoccupato per le stesse cose.
Fino ad adesso, per vivere meglio la scuola, mi hanno aiutato i miei amici che mi conoscono nelle mie fragilità ma anche nei miei punti di forza, la mia famiglia e le psicologhe di Anastasis.
Per questo nuovo inizio di scuola mi auguro di riuscire ad affrontare le mie paure e di andare avanti nel mio percorso, per poter crescere e scegliere il futuro che desidero”.

 

 

 

Articolo a cura di: Valentina Mazzanti – Laboratori Anastasis

 

 

 

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