Luca ha 13 anni e, come i suoi compagni, sta svolgendo un problema di aritmetica in aula. Legge il testo, sottolinea i dati, svolge qualche calcolo e arriva al risultato: 42. Arriva poi il momento della correzione e Marta viene chiamata alla lavagna per mostrare come ha risolto il problema. La soluzione a cui giunge Marta è 25 e l’insegnante, soddisfatta, si congratula con lei. Chissà ora cosa pensa Luca, dato che ha appena capito che lui ha ottenuto un risultato errato…
Luca può pensare a molte congetture differenti tra loro e queste in parte possono dipendere dalla sua autostima, in parte dalla sua storia scolastica legata alla matematica, in parte da quello che gli adulti di riferimento gli hanno trasmesso rispetto al commettere degli errori… Quello, però, che è certo, riguarda la “facilità” con cui l’errore in matematica può essere riconosciuto all’unanimità e senza fare sconti: il risultato corretto infatti è 25, quindi 42 è sbagliato. Marta è riuscita nell’esercizio e Luca no. In questo la matematica si differenzia dalle altre discipline in quanto: “Rende gli individui particolarmente vulnerabili alla manifestazione pubblica della loro incompetenza” (Ashcraft, 2002).
Poiché è riconosciuto ampiamente dalla letteratura scientifica quanto le esperienze di successo motivino a persistere nello studio, a credere nelle proprie capacità e quindi ad impegnarsi maggiormente, sarebbe auspicabile che quello di Luca sia stato soltanto un errore grossolano, che gli capita raramente. Purtroppo, però, non è così.

 

Aspetti cognitivi inerenti al Problem Solving

Quali sono, dunque, gli aspetti cognitivi che sono coinvolti nel problem solving? Al primo posto possiamo trovare la Memoria di Lavoro, ovvero questo blocco per gli appunti mentale che ci permette di tenere a mente le informazioni e manipolarle per utilizzarle a seconda del nostro bisogno. Possiamo pensare a una sorta di “lista della spesa mentale” nella quale depenno immediatamente l’articolo che ho appena messo in carrello. In questo senso è quindi connessa al Problem Solving anche la capacità di Updating, ovvero di aggiornare velocemente e costantemente le informazioni nella mia mente per procedere nella risoluzione. Fondamentale, poi, è possedere buone Funzioni Esecutive tali da permettere, da un lato, di inibire gli stimoli irrilevanti (ad esempio un dato non utile per il problema) e di focalizzare, invece, dall’altro, l’attenzione selettiva sugli stimoli rilevanti. Memoria di lavoro, Updating e Funzioni Esecutive rappresentano quindi alcuni degli aspetti cognitivi coinvolti nella risoluzione dei problemi. Ed è interessante notare come questi stessi tre fattori costituiscono anche aspetti che molto spesso risultano essere carenti proprio nei profili neuropsicologici degli individui che presentano un disturbo specifico dell’apprendimento o un bisogno educativo speciale. Quindi, frequentemente accade che coloro i quali già sono in difficoltà per un disturbo a carico della lettura, del calcolo, dell’attenzione e così via, si ritrovano ulteriormente in difficoltà anche in questo genere di compiti.

 

Aspetti metacognitivi inerenti al Problem Solving

Nonostante gli aspetti cognitivi appena menzionati siano spesso fragili negli studenti con DSA o BES, è però incoraggiante riflettere sul ruolo che la Metacognizione può rivestire anche all’interno dei compiti di Problem Solving in tutti gli studenti. La metacognizione, infatti, ci porta sia a riflettere sui processi che la nostra mente mette in pratica quando sta svolgendo un problema, sia a conferire alla mente la possibilità di controllare sé stessa. In particolare le ricerche scientifiche hanno dimostrato come coloro che vengono definiti “abili solutori” possiedono un più alto grado di capacità metacognitive rispetto a coloro che vengono definiti “cattivi solutori” (Brown, 1978). Lucangeli e Cornoldi (2012) a questo proposito hanno estrapolato quattro aspetti metacognitivi fondamentali del Problem Solving. Il primo riguarda la capacità di Previsione, ovvero prevedere se si possiedono le competenze necessarie per giungere alla soluzione. Il secondo aspetto riguarda invece la Pianificazione, ovvero la capacità di strutturare un piano di azione da seguire e implementare man mano, per fare in modo che le azioni svolte dal soggetto procedano secondo una determinata logica. In terzo luogo è fondamentale il Monitoraggio, ovvero la capacità di autocontrollare quanto l’individuo sta svolgendo, ad esempio domandandosi se sta rispettando il piano, se la sua mente è focalizzata sul compito, se sono stati commessi errori di distrazione… In ultimo, poi, è da considerare la Valutazione, intesa sia come autovalutazione che come riflessione “semantica” sul risultato al di là del mero numero ottenuto. Facciamo un esempio: se ho ritenuto di dover svolgere una somma per trovare il risultato, il numero che ho ottenuto è plausibile con il concetto di somma o ho ottenuto, invece, una quantità numerica inferiore rispetto a quanto presente nei dati del problema?
Ulteriori studi (Passolunghi 1999) hanno poi evidenziato anche il ruolo della Categorizzazione come fattore metacognitivo fondamentale per la risoluzione dei problemi. Si tratta, cioè, della capacità di comprendere a quale categoria appartiene quel dato problema. Facciamo un esempio: “Anna compra 7 mele, poi ne mangia 2. Quante mele restano ad Anna?”. Un “abile solutore”, in questo caso, è quindi colui che ancora prima di svolgere i calcoli comprende che questo problema appartiene alla categoria delle Sottrazioni e solo dopo aver esplicitato ciò, procede con i calcoli. Comprendere a quale categoria appartiene un problema permette, infatti, di rievocare i processi risolutivi già conosciuti e messi in pratica rispetto a quella data categoria e, conseguentemente, di applicare strategie note, che sono depositate nella memoria a lungo termine.

 

Soluzioni per implementare il Problem Solving

Abbiamo quindi potuto vedere come nella soluzione dei problemi concorrono sia aspetti cognitivi che metacognitivi. Tra gli aspetti cognitivi vi sono da considerare sia abilità dominio-specifiche (e quindi connesse strettamente all’ambito della matematica, come saper svolgere i calcoli), sia abilità dominio-generali (ovvero non unicamente connesse all’ambito matematico, ma implicate più largamente anche su altri aspetti, come appunto la Memoria di Lavoro, l’Updating e le Funzioni Esecutive). Sugli aspetti cognitivi, con risultati che variano a seconda del profilo dello studente, può in parte agire un lavoro clinico riabilitativo, per incrementare, ad esempio, la Memoria di Lavoro o le Funzioni Esecutive. Per quanto riguarda invece gli aspetti metacognitivi, il lavoro clinico può sortire effetti, ma al tempo stesso anche la scuola può promuovere una riflessione su di essi, così da incrementarli nella pratica quotidiana e, di conseguenza, rafforzare l’abilità di problem solving.
Vediamo, allora, qualche possibile azione per implementare in una scuola di qualsiasi ordine e grado una riflessione metacognitiva a sostegno del Problem Solving. Possono infatti cambiare i contenuti didattici, il livello di difficoltà, ma le strategie restano le medesime.

 

Metacognizione a scuola: le strategie spaziali

In primo luogo è bene favorire una rappresentazione mentale del problema che deve però servirsi, quanto più possibile, di strategie spaziali invece di quelle visivo-pittoriche. Se infatti il testo recita: “Sono piantati in fila lungo una siepe 15 alberi alla distanza di 3 metri l’uno dall’altro. Calcola la lunghezza della siepe”, è fondamentale rappresentare il problema non focalizzandosi semplicemente sulla quantità di alberi, ma sul rapporto spaziale che lega gli alberi tra loro. Si può quindi suggerire la rappresentazione di un segmento dove, a distanza di un’unità di misura che si ripete per 15 volte, sono poste delle tacche raffiguranti gli alberi. E’ invece da sconsigliare la sola rappresentazione di 15 alberi in ordine sparso, o il disegno di una siepe, in quanto ciò non permetterebbe di ragionare sullo svolgimento specifico di questo problema.

 

Metacognizione a scuola: la Categorizzazione

In secondo luogo, poi, a scuola è possibile sostenere il processo metacognitivo di Categorizzazione. Per farlo risulta efficace un piccolo accorgimento: posizionare la domanda del problema all’inizio, invece che alla fine. Per fare un esempio, è quindi preferibile presentare il testo in questo modo: “Calcola l’area di un rettangolo che ha il perimetro 900 cm e la base che misura 4/9 dell’altezza”, invece che in questo modo: “Un rettangolo ha il perimetro 900 cm e la base che misura 4/9 dell’altezza. Calcola l’area del rettangolo”. La prima opzione presentata permette, infatti, di guidare lo studente ad identificare la categoria del problema (categoria Area) prima ancora di averne letto il testo. Ciò permette di approcciarsi al testo in modo molto più attivo e focalizzato sulla richiesta, andando già a prefigurarsi i dati di cui si avrà necessità prima ancora di averli letti nel testo. Se, infatti, si tratta di un rettangolo di cui devo calcolare l’area, posso ipotizzare che i dati mi diranno quanto misurano la base e l’altezza o, in alternativa, mi guideranno ad individuare queste due misure. Leggendo quindi la domanda prima ancora del testo del problema, la mia mente è portata maggiormente ad identificare i dati di cui potrà avere bisogno, senza perdersi tra le parole.

 

Metacognizione a scuola: il senso di competenza

Come terzo aspetto, inoltre, a scuola è necessario favorire anche nell’ambito del Problem Solving un senso di competenza, connesso a sua volta con il piacere di risolvere un problema. Se infatti lo studente (con o senza DSA) nutre fiducia nelle sue capacità, allora tende ad applicarsi e a persistere anche quando il compito è complesso, magari pure vivendolo come una sfida e traendo una sorta di piacere da essa. Al contrario, se lo studente si percepisce poco competente allora il suo investimento sarà minore e il senso di piacere un qualcosa del tutto lontano da lui. Quindi cosa si può fare a scuola in questo caso? Come si può innalzare il senso di competenza dei vari studenti? Come dimostra la ricerca condotta da Pietrapiana e Donadio (2020) è possibile agire lavorando sulla classe attraverso una modalità laboratoriale che divide gli alunni in piccoli gruppi tra loro omogenei per competenze. Questo accorgimento è fondamentale per evitare che chi si percepisce maggiormente in difficoltà manifesti una sterile accondiscendenza nei confronti di chi è risaputo essere più abile. Questa ricerca, infatti, evidenzia come la metacognizione nel Problem Solving si possa promuovere anche attraverso la negoziazione dei punti di vista dei vari studenti, incrementando una discussione centrata sul problema da risolvere. Le autrici, infatti, esplicitano che durante questo progetto ogni volta che i piccoli gruppi dovevano riunirsi per svolgere un problema, prima leggevano il testo poi osservavano la fase “pencil down”. Essa coinvolgeva i partecipanti in un momento di discussione in cui ognuno era invitato ad ipotizzare come, dal suo punto di vista, si poteva giungere alla soluzione e, solo dopo che tutti avevano parlato, si poteva allora procedere in modo congiunto per mettere in atto il processo risolutivo. Grazie a questa modalità laboratoriale e ad altri accorgimenti illustrati nella ricerca citata, le autrici hanno potuto rilevare un maggior senso di competenza rispetto alla capacità di risolvere problemi, anche negli studenti che prima di partecipare a questo percorso si percepivano poco confidenti rispetto alle loro abilità di solutori.

 

Per concludere

Luca ha ottenuto 42 come risultato al problema svolto in classe. 42 è diverso da 25. Non è la prima volta che sbaglia un problema. Questa volta, però, Luca prende coraggio e chiede spiegazioni. È determinato e motiva qual è stato il suo modo di procedere e domanda il perchè dello svolgimento messo in atto da Marta. Luca ora ha fatto la sua parte e, a seconda di quello che succederà nei prossimi frangenti, il suo senso di competenza rispetto al Problem Solving potrà gradualmente accrescere o essere velocemente demolito.
Chissà se gli studenti riusciranno a negoziare tra loro i diversi punti di vista.
Chissà se riusciranno ad aiutare Luca a comprendere realmente dove ha sbagliato.
Chissà se verrà lasciato agli studenti il giusto tempo per il confronto e il dialogo…

 

 

 

A cura di: Valentina Mazzanti – Laboratori Anastasis

 

 

 

Bibliografia

  • Ashcraft (2002) “Math anxiety: Personal, educational and cognitive consequences” in “Current Direction in Psychological Science”.
  • Brown (1978) “Diagnostic models for procedural bugs in basic mathematical” in “Cognitive Science”.
  • Cornoldi (2019) “I disturbi dell’apprendimento”. Bologna, Il Mulino.
  • Lucangeli, Cornoldi (2012) “AC-Mt. Test di valutazione delle abilità di calcolo”. Trento, Erickson.
  • Passolunghi (1999) “Influenza dell’abilità di pianificazione nella risoluzione dei problemi” in “Età evolutiva”.
  • Pietrapiana, Donadio (2020) “Sviluppare la metacognizione nel problem solving: un percorso di ricerca didattica nella scuola secondaria di primo grado” in “Didattica della matematica. Dalla ricerca alle pratiche in aula”.

 

 

 

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