Spesso negli studenti con dislessia si possono riscontrare difficoltà nell’apprendimento delle lingue straniere, tali da rendere questa attività complessa. Allo stesso tempo, però, lo studio delle lingue non è da ritenere un’impresa impossibile per questi alunni.

Pertanto in questo articolo rifletteremo in particolare sugli ostacoli cognitivi ed emotivi causati dalla dislessia in rapporto all’apprendimento delle lingue e, in ultimo, vedremo quale ruolo possono assumere i genitori per promuovere nei figli un atteggiamento proattivo di fronte allo studio delle lingue straniere, troppo spesso vissute come barriere insormontabili.

Prima di iniziare, però, occorre analizzare due importanti premesse. La prima: le conseguenze della dislessia nello studio delle lingue vanno ad incontrarsi con le caratteristiche personali degli studenti. Accade quindi che il medesimo disturbo di apprendimento può dare luogo a manifestazioni diversificate, a seconda dell’intensità e della natura del DSA, ma anche a seconda dei punti di forza presenti in quello specifico studente. Seconda premessa: ogni lingua possiede peculiarità proprie che possono favorire o sfavorire l’apprendimento da parte dello studente con dislessia. Lo spagnolo e l’italiano, ad esempio, sono lingue trasparenti (ovvero a un grafema corrisponde un numero ristretto di suoni), al contrario l’inglese è una lingua opaca (ovvero a un grafema possono invece corripondere numerosi suoni).

E’ evidente quindi che questa semplice caratteristica della lingua incida sul piano dell’apprendimento e, generalmente, uno studente con dislessia è facilitato dalle lingue trasparenti invece che da quelle opache.

E’ perciò importante tenere presente queste premesse prima di addentrarci nel tema di questo articolo, così da allenarci ad osservare il connubio tra lingue straniere e DSA con flessibilità.

E’ inesatto pensare, infatti, che tutti gli studenti con dislessia presentino sempre le medesime difficoltà e che queste difficoltà si ripresentino immutate in tutte le lingue.

Ostacoli Cognitivi

La dislessia implica una difficoltà di automatizzazione. Lo studente fatica infatti ad applicare in modo automatico, e cioè senza quasi pensarci, una regola grammaticale studiata in precedenza (e magari pure ben compresa!), oppure fatica a trovare velocemente la giusta parola, la giusta espressione colloquiale… Mostra quindi difficoltà nell’uso fluente della lingua, sia scritta che parlata, e per compensare ciò, deve mantenere un elevato controllo cosciente che gli permetta di sopperire a quello che non riesce a rendere automatico. Ovviamente ciò genera un carico cognitivo notevole e, a catena, cadute a livello attentivo (Daloiso, 2012).

Nei compiti di comprensione orale, come i dettati o le prove di ascolto, questi studenti faticano a segmentare i suoni emessi da chi sta parlando e quindi stentano a discriminare correttamente le parole pronunciate da altri e, conseguentemente, ad afferrare il senso del discorso. Ciò avviene perché la dislessia è connessa anche ad abilità orali e per questo occorre quindi non cadere nell’errore secondo cui una modalità esclusivamente orale possa agevolare questi studenti.

Per quanto concerne invece la comprensione scritta, poiché nella dislessia la capacità di lettura è inficiata, l’alunno può riscontrare rilevanti difficoltà nel cogliere il senso di quanto ha appena letto. Ciò avviene perché durante la lettura (in linea con quanto accade anche con la lingua madre) negli studenti con dislessia la maggior parte delle risorse cognitive è adoperata per svolgere l’arduo compito di decodifica, per tradurre i grafemi in fonemi e, così, poche risorse restano disponibili per svolgere il compito di comprensione.

Ostacoli Emotivi

Queste difficoltà cognitive causate dalla dislessia possono implicare un calo di interesse e di motivazione, ma possono anche generare effetti negativi sul piano emotivo, rendendo così ancora più arduo lo studio delle lingue straniere.

In particolare, con “ansia linguistica” si intende una tipologia di ansia che si verifica in concomitanza all’utilizzo di una lingua straniera. Essa si manifesta quando è richiesto di leggere ad alta voce davanti all’intera classe, quando si deve imparare a memoria un brano, improvvisare dialoghi, o rispondere rapidamente a una domanda. Si manifesta frequentemente anche quando è richiesto di tradurre, o di memorizzare liste di parole decontestualizzate (Horwitz et al., 1986). Tutti noi, le prime volte in cui ci avviciniamo ad una nuova lingua, possiamo provare questo tipo di ansia, ma con la pratica a poco a poco diminuisce. Negli studenti con dislessia, invece, generalmente l’ansia linguistica si ripresenta ad un livello elevato tutte le volte che essi hanno a che fare con una lingua straniera, anche se questa da anni è oggetto di studio (Piechurska-Kuciel, 2008). E tra le più comuni implicazioni che ne conseguono si possono riscontrare: senso di incapacità, riluttanza allo studio della lingua straniera, difficoltà nell’autocorrezione e tendenza alla distrazione. Avviene quindi che lo studente che esperisce con frequenza ansia linguistica non si appassiona alla materia, la teme e ottiene valutazioni poco soddisfacenti le quali, ancora una volta, minano la sua motivazione allo studio.

Ma un genitore cosa può fare?

Innanzitutto il genitore non è l’insegnante e proprio per questo motivo potrebbe essere utile proporre al figlio un percorso condotto da uno specialista dell’apprendimento. Gli obiettivi di questo percorso possono essere di diversa natura. Ad esempio sarebbe bene partire da una riflessione sulle caratteristiche dettate dal dsa (cosa implica, come si manifesta rispetto alle lingue), ma anche sui punti di forza del ragazzo, così da aiutarlo a guardarsi nella sua interezza, per diventare consapevole delle risorse che già possiede e che possono consentirgli di fronteggiare anche lo studio delle lingue. Questo percorso dovrebbe poi prevedere la costruzione di strategie mirate in risposta alle specifiche fragilità del ragazzo, perché dobbiamo ricordarci che ogni studente con dislessia è un individuo con specificità proprie. In ultimo, sarebbe doverosa anche una riflessione esplicita sulle caratteristiche della lingua studiata, per promuovere maggior familiarità con essa e accrescere la padronanza dello studente che spesso è disorientato e quindi si sente inerme.

Il genitore, inoltre, può comunicare all’insegnante le difficoltà del figlio e accordarsi, attraverso il PDP (Piano Didattico Personalizzato), su come procedere con compiti e valutazioni durante l’anno. Lo scopo, infatti, dovrebbe essere quello di promuovere un ambiente di apprendimento piacevole e sereno, che vada a favorire l’interesse e a placare invece l’ansia linguistica al suo insorgere. In questo la scuola detiene sicuramente un ruolo fondamentale, ma anche a casa si può lavorare affinché le lingue straniere siano viste con piacevole curiosità. Si dovrebbe infatti aiutare i figli a vedere la lingua al di là dell’esercizio di grammatica, del dialogo tratto dal libro o del voto ottenuto.

Una lingua è pensiero, cultura, mezzo di comunicazione… e perché non usarla come veicolo per raccogliere notizie su un argomento ritenuto interessante dagli stessi ragazzi? Il web in questo può essere un grande alleato, ad esempio ricercando siti in lingua che riguardino una passione, oppure serie tv, canzoni… Così facendo svolgerete un compito essenziale, che è quello di far recuperare ai vostri figli una dimensione piacevole dell’apprendimento linguistico. Ciò è alla base per contrastare la riluttanza e i timori generati dall’ansia linguistica e promuovere in loro, invece, motivazione e volontà di imparare una lingua perché:

“Non c’è apprendimento se non c’è volontà di apprendimento” (Balboni, 2011)

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